Eredità e assicurazione sulla vita

Nell’anno 2015 Tizio decedeva lasciando quali eredi testamentari i suoi due figli Caio e Sempronia ed un patrimonio di euro 150.000 in titoli bancari.

Nel testamento Tizio aveva disposto l’assegnazione della somma di euro 50.000 in favore di Caio e della somma di euro 100.000 in favore di Sempronia.

Dopo qualche mese Caio scopriva l’esistenza di una polizza assicurativa sulla vita stipulata da suo padre più di quindici anni prima della sua morte e non menzionata nel testamento. Il corrispettivo di tale assicurazione, corrispondente alla somma di euro 30.000, veniva liquidato dall’istituto assicurativo in favore di sua sorella Sempronia, a suo tempo indicata dal padre quale terza beneficiaria.

Fortemente contrariato, Caio invitava Sempronia – già preferita dal padre in testamento – ad annettere la somma ricevuta dall’assicurazione al patrimonio relitto dal proprio genitore, al fine di dividere il tutto tra di loro.

Sempronia di contro opponeva il suo secco rifiuto, certa che la somma di euro 30.000 fosse di sua esclusiva proprietà.

Caio, quindi, si rivolgeva al suo legale al fine di valutare l’opportunità di un eventuale giudizio.

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E’ bene premettere che la legge riserva una determinata quota di eredità ai cosiddetti “legittimari” nel cui novero sono ricompresi il coniuge del defunto, i suoi figli e ascendenti. Nel caso di specie l’art. 537 del codice civile prescrive che quando i figli sono più di uno, ad essi è riservata la quota di due terzi dei beni relitti dal defunto, da dividersi in parti uguali fra di loro (nel nostro caso, quindi, un terzo cadauno). La rimanente parte dell’eredità è detta “quota disponibile” e può essere attribuita liberamente dal testatore in virtù di preferenze personali.

Dal momento, pertanto, che il patrimonio di cui Tizio ha disposto in testamento è costituito da titoli bancari aventi un valore totale di euro 150.000, la quota di eredità riservata ad ogni coerede è di euro 50.000. Di pari importo è la quota disponibile che nel nostro caso è stata rifusa interamente in favore di Sempronia.

Se si considerano, dunque, le sole disposizioni contenute nel testamento, si può ben affermare che il de cuius abbia rispettato il dettato normativo pur favorendo una coerede.

V’è da chiedersi, però, se la liquidazione della somma di euro 30.000,00 in favore di Sempronia possa rivelarsi idonea ad incidere sulla bontà della spartizione testamentaria operata dal defunto, ponendo così in essere una lesione di legittima a carico di Caio.

In tema di reintegrazione della quota riservata ai legittimari, la norma fondamentale è contenuta nell’art. 556 del codice civile, il quale predica che “per determinare l’ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione […] e sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre.”

E’ evidente che la ratio di tale norma risieda nel chiaro intento di prevenire il rischio che le regole dettate in tema di diritti riservati ai legittimari, possano essere facilmente aggirate attraverso attribuzioni patrimoniali a titolo gratuito operate in vita dal testatore.

Ma è possibile equiparare ad una vera e propria donazione la semplice indicazione da parte del de cuius di una persona quale beneficiaria della corresponsione del prezzo di una assicurazione sulla vita?

Le corti di merito e di legittimità, chiamate negli anni a giudicare su casi analoghi, hanno elaborato la figura giuridica della cosiddetta donazione indiretta, consistente “nell’elargizione di una liberalità attuata, anziché con il negozio tipico descritto nell’art. 769 del codice civile, mediante un negozio oneroso che produce, in concomitanza con l’effetto diretto che gli è proprio ed in collegamento con altro negozio, l’arricchimento animo donandi del destinatario della liberalità medesima” (Cass. Civ. Sez. II del 21/10/2015  n. 21449).

Secondo la giurisprudenza, invero, la donazione indiretta può essere fatta nei modi più vari, purchè caratterizzata dal fine di realizzare una liberalità.

Tuttavia, affinchè l’attribuzione si possa considerare sorretta da spirito di liberalità, il donatario non deve essere legato da un vincolo di mantenimento con il donante.

E’ quanto chiarito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 3263 del 19/02/2016 proprio in tema di prodotti assicurativi sulla vita: “nell’assicurazione sulla vita l’indicazione di un terzo come beneficiario di persona non legata al designante da un vincolo di mantenimento o di dipendenza economica, deve presumersi, fino a prova contraria, compiuta a spirito di liberalità, e costituisce una donazione indiretta”.

Nella questione che ci occupa, quindi, occorre preliminarmente appurare se effettivamente Sempronia fosse economicamente indipendente da suo padre. In caso affermativo la somma liquidata in suo favore dall’istituto assicurativo andrebbe senz’altro riunita all’asse ereditario secondo le disposizioni normative sopra illustrate.

In tal modo si otterrebbe quale valore totale del patrimonio relitto da Tizio un importo pari ad euro 180.000,00 (150.000 + 30.000) da cui ricavare la quota di riserva spettante ad ogni coerede. Nella specie un terzo di euro 180.000 e, cioè, euro 60.000.

Da tale computo si evince, pertanto, che Caio sarebbe stato leso nella sua quota di eredità riservatagli dalla legge nella misura di euro 10.000 (60.000 – 50.000).

Alla luce delle argomentazioni sopra svolte, Caio ben potrebbe promuovere un’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il de cuius poteva disporre.